http://cinaoggi.it/2009/01/07/il-macabro-rituale-di-sepoltura-tibetano-sepoltura-a-cielo-aperto/ - Cina Oggi, 7 gennaio 2009
Il macabro rituale di sepoltura tibetano: sepoltura a cielo aperto
La contea di Seda (Sertar o Serta), prima dellĠoccupazione cinese, faceva parte del Tibet, oggi invece parte integrante del territorio del Sichuan, come molte altre contee occidentali della provincia, dove vivono oltre 800.000 tibetani (queste contee insieme alle regioni orientali costituiscono il Kham).
Ancor oggi per, le comunit tibetane continuano a perpetuare i loro antichi usi e costumi. Tra questi, una delle pi particolari tradizioni funerarie legata alla cosiddetta sepoltura a cielo aperto; questa una pratica piuttosto antica per lĠinumazione dei cadaveri. é stata vietata dal governo cinese negli anniĠ60 e Ġ70 e solamente negli anniĠ80 tornata ad essere legale. Tuttoggi discretamente difficile poter assistere a questa usanza, per un occhio non abituato, cruda.
Il tomdem, o macellaio yogin, figura per certi versi equivalente agli sciamani, recitando mantra buddhisti, affila il suo coltello e scuoia il cadavere dalla testa ai piedi davanti ad un tempietto buddhista, lasciando al contatto dellĠaria le interiora e le ossa. Avvoltoi cominciano a volteggiare sopra il luogo del rituale, attirati dal fuoco del ginepro e dallĠodore della carne. LĠanima del cadavere nel frattempo ha raggiunto lo spazio celeste, e il corpo del credente viene utilizzato per beneficiare altri esseri viventi. Il tomdem, il maestro del cerimoniale, chiama gli avvoltoi usando lĠespressione ÒShey, SheyÓ (ÒCibatevi, cibateviÓ). Gli uccelli attirati dalla carne, discendono cos dal cielo e si nutrono del corpo dellĠuomo morto. Il tomdem si fa strada tra gli uccelli affamati, taglia in grossi pezzi cadavere e li lancia agli animali. Le ossa e il cervello poi vengono frantumati con un martello di pietra e mescolati con farina dĠorzo; il tomdem richiama ancora gli uccelli a pasteggiare. Gli avvoltoi ridiscendono per mangiare gli ultimi resti. Pi tardi scompaiono nel cielo, traghettando lĠanima del defunto. Gli avvoltoi sono sconsiderati sacri, poich sono una rappresentazione del dio Dakinis.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sepoltura_celeste
Sepolture celesti a Lhasa.
La sepoltura celeste (anche conosciuta come "funerale celeste") un antico rito funerario tibetano, ancora oggi praticato da alcune comunit. Il rito prevede che il corpo del defunto venga scuoiato ed esposto agli avvoltoi. In Tibet la pratica nota come jhator, che vuol dire fare l'elemosina agli uccelli[1]. Negli anni '60-'70 la Cina ha vietato questa pratica, che tornata ad essere legale dagli anni '80.
Il tomden, il maestro buddhista del cerimoniale, scuoia il cadavere dalla testa ai piedi, lasciando al contatto dell'aria le interiora e le ossa. Gli avvoltoi cominciano a volteggiare sopra il luogo del rituale, attirati dal fumo del ginepro e dall'odore della carne. Il tomden chiama gli avvoltoi usando l'espressione Shey, Shey ("Cibatevi, cibatevi"). Gli uccelli, attirati dalla carne, discendono cos dal cielo e si nutrono del corpo dell'uomo morto. Le ossa e il cervello poi vengono frantumati con un martello di pietra e mescolati con farina d'orzo. Il tomden richiama ancora gli avvoltoi, che ridiscendono per mangiare gli ultimi resti.
La sepoltura celeste rappresenta la morte come episodio del tutto naturale, parte dell'eterno ciclo delle rinascite. Secondo la cultura buddhista, il corpo un semplice involucro che permette di compiere il viaggio della vita. Dopo la morte generalmente i lama svolgono la pratica del Phowa il "trasferimento della coscienza", in presenza della persona morta, lo spirito abbandona il corpo che di conseguenza rimane vuoto e non ha alcuna necessit di essere conservato. Lasciare il proprio corpo in pasto agli avvoltoi un atto finale di generosit da parte del defunto nei confronti del mondo della natura che crea un legame con il ciclo della vita e facendo questo il defunto ripaga i suoi 'debiti karmici' con gli altri esseri. Gli avvoltoi infatti sono uccelli che si cibano solo di animali morti e inoltre sono venerati e considerati dai tibetani una manifestazione delle dakini, gli equivalenti tibetani degli angeli (dakini, in tibetano khandroma che significa "colei che percorre lo spazio").
Bench abbia un significato religioso, questo tipo di sepoltura risponde ad esigenze pratiche: in gran parte del Tibet, a causa delle grandi altitudini, il terreno principalmente roccioso e spesso ghiacciato, rendendo difficile la scavatura di fosse. Inoltre, trovandosi la maggioranza del Tibet al disopra della linea degli alberi, la scarsit di legname rende poco praticabile la cremazione.
Dal punto di vista pratico questo tipo di funerale un sistema perfettamente ecologico per lo smaltimento dei cadaveri.
1. ^ (EN) The so called Sky burial, su www.yoniversum.nl. URL consultato il 2-5-2014.
2.
á Video di una sepoltura celeste da TravelTheRoad.com, vimeo.com. URL consultato il 21-11-2012.
á Il macabro rituale di sepoltura tibetano, cinaoggi.it. URL consultato il 21-11-2012. articolo su cinaoggi.it
Siamo abituati a considerare la salma di un caro estinto con estremo rispetto: nonostante la convinzione che si tratti in definitiva di un involucro vuoto, le esequie occidentali si iscrivono nella tradizione cristiana della conservazione del cadavere, in attesa della resurrezione della carne. Anche esulando dallĠambito strettamente religioso, il rispetto per la salma non cambia: addirittura la cremazione, pur disfacendo il corpo, viene principalmente intesa da noi come metodo per ÒsalvareÓ il corpo dalla naturale putrefazione, o per dissolvere metaforicamente lĠanima del defunto nel mondo.
In Tibet, invece, le esequie tradizionali hanno assunto dei connotati decisamente distanti dalla nostra sensibilit, ma non per questo meno stimolanti o affascinanti. La cerimonia funebre del jhator, o Òfunerale del cieloÓ, si sviluppata a causa della mancanza, alle grandi altitudini himalayane, della vegetazione necessaria alla cremazione e dellĠestrema durezza del suolo che impedisce la sepoltura vera e propria. Jhator significa letteralmente Òelemosina agli uccelliÓ, ed infatti sono proprio questi ultimi i protagonisti della cerimonia.
Dopo alcuni giorni di canti e preghiere, il corpo del defunto viene portato allĠalba nel luogo sacro destinato al funerale, sul fianco di una montagna che guarda ad est. Il punto esatto delle esequie pu essere in prossimit di templi (stupa), marcato da altari oppure da semplici lastre di pietra. Qui il corpo viene liberato dal sudario, e al sorgere del sole alcuni uomini (chiamati rogyapa, Òdistruttori di corpiÓ) cominciano a tagliare la salma secondo le indicazioni di un lama, seguendo un preciso ordine di dissezione rituale.
I primi pezzi di carne, strappati dalle ossa, vengono gettati a qualche metro di distanza, per attirare gli avvoltoi. Se questi non si avvicinano, viene eseguita una danza propiziatoria, il cui canto intriso di versi e suoni gutturali serve da richiamo per gli animali. In breve tempo alcune dozzine di uccelli sono allineati in fremente attesa. Dopo aver proceduto a rimuovere gli organi interni e a tagliare il corpo in pezzi sempre pi piccoli, i rogyapa, con dei grossi martelli o con delle pietre, frantumano le ossa per mischiarle alla polpa.
Ogni brandello di carne viene dato in offerta agli avvoltoi, e niente va conservato: una volta sazi, questi enormi uccelli lasciano i rimasugli ai falchi e ai corvi pi piccoli, che hanno pazientemente aspettato a debita distanza. Talvolta le carni vengono mischiate alla farina, per sottolineare come questo ÒpastoÓ sia davvero unĠofferta.
Questo rito funebre, che pu apparire barbaro agli occhi di un occidentale, in realt intriso di un profondo sentimento: quello dellĠimpermanenza, una delle grandi verit buddiste. Siamo soltanto di passaggio, appariamo e subito svaniamo nel nulla, in un continuo cambiamento di forma; lĠaccettazione di questa realt rende la salma niente pi che un guscio, utile a nutrire altri esseri viventi. Cos il jhator innanzitutto un atto rituale di generosit, ma dona anche la sensazione che il morto non sia mai veramente uscito dal ciclo naturale della vita.
In poco meno di unĠora del corpo non rimane pi nulla, e i parenti si allontanano dal sacro luogo per far ritorno, pi a valle, alle loro gioie e alle loro difficolt quotidiane. Forse, per ricordare chi se ne andato, sufficiente lanciare uno sguardo alle vette dellĠHimalaya, che brillano, immense, nel sole.
Ecco la pagina di Wikipedia (in inglese) sul jhator.